Elencheremo di seguito la contestazione di merito, in punta di diritto, del provvedimento per la “violazione” dei termini di preavviso. Ma in premessa va sottolineato che la premura repressiva, caldeggiata fra gli altri dal ministro Salvini, ha indotto la Commissione di Garanzia in errori madornali.
In primis, viene contestato alla CIB Unicobas uno sciopero nei trasporti che l’organizzazione non ha mai proclamato (avendolo esplicitamente escluso per evitare ai lavoratori i rischi legati alla precettazione).
Quindi viene contestato alle Confederazioni proclamanti il mancato rispetto dei termini di interruzione con piccoli scioperi di settore locali e marginali previsti da altre organizzazioni, quando invece in passato lo sciopero generale è stato considerato “assorbente” e prevalente sugli altri dalla medesima Commissione.
Poi viene confuso l’Unicobas Scuola e Università, sindacato autonomo e distinto (che ha evitato la proclamazione esistendo già una regolare proclamazione da parte del SiCobas), con la CIB Unicobas, Confederazione proclamante. L’Unicobas Scuola è, per di più, sindacato di settore in un comparto per il quale lo sciopero è stato considerato legittimo.
Infine, nel merito, va detto che l’illegittima aggressione armata in acque internazionali da parte dello Stato di Israele nei confronti di imbarcazioni civili (diciotto delle quali battenti bandiera italiana) che navigavano verso Gaza, avvenuta il giorno 01.10.2025 (data di proclamazione dello sciopero), ha imposto di dover consentire ai lavoratori italiani di manifestare con urgenza a tutela dell’ordine costituzionale e dei suoi principi fondamentali e di protestare per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei cittadini e lavoratori imbarcati nella Global Sumud Flotilla, impegnati in azioni umanitarie di solidarietà verso la popolazione palestinese che, come ritenuto dall’Onu e dalla Corte Penale Internazionale, è stata vittima per due anni di una pulizia etnica da parte dello Stato di Israele talmente cruenta da costituire grave violazione del diritto internazionale, integrando crimini di guerra.
Lo sciopero generale indetto per il 03.10.2025 è stata una legittima protesta contro il Governo italiano che ha rinunciato a proteggere i propri cittadini imbarcati quanto meno fino al raggiungimento del limite convenzionale di dodici miglia dalla costa relativamente alle acque territoriali impropriamente gestite da Israele di fronte alla striscia di Gaza (entità palestinese). La Marina Militare è invece stata presente sullo scenario soltanto fino a 150 miglia dalla costa, esponendo così i propri cittadini ad attacchi da parte di Israele, che avendo definito i partecipanti alla Flotilla quali “terroristi”, aveva già manifestato le proprie intenzioni repressive e di aggressione armata. L’illegale abbordaggio, con il sequestro ad armi spianate delle persone imbarcate e dei natanti, è infatti avvenuto fra le sessanta e le settanta miglia marine dalla costa.
Lo sciopero generale, considerata l’urgenza della vicenda, risultava essere l’unico efficace strumento per consentire ai lavoratori italiani di potere liberamente esprimere il proprio dissenso verso le politiche aggressive dello Stato di Israele nei confronti del popolo Palestinese e dei suoi sostenitori, compresi i partecipanti alla Global Sumud Flotilla, nonché nei confronti di Governo ed Istituzioni Italiane che non recepiscono le istanze di tutela dell’ordinamento costituzionale e di ripudio della guerra (e di qualsiasi coinvolgimento e/o sostegno bellico a favore di stati terzi). Scambi commerciali e di materiale bellico da parte di Società e Imprese pubbliche e/o a partecipazione pubblica a sostegno dello Stato di Israele, considerata la illegittimità ed ingiustizia dell’aggressione militare e la violazione del diritto internazionale (riconosciuto e tutelato dalla Carta costituzionale), avrebbero dovuto essere interrotte.
La Costituzione Repubblicana, tra i principi fondamentali, afferma che: (art. 1) “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”; (art. 2) “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; (art. 10, comma 1), “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”; (art. 11) “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni d sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Dunque, a tutela dell’ordinamento costituzionale e dei principi fondamentali del medesimo si è ritenuto che, anche per la rapida successione dei drammatici avvenimenti, dovesse applicarsi l’esimente di cui all’art. 2, comma 7 della L. 146/1990. Perciò va respinta l’interpretazione restrittiva dei diritti costituzionali applicata dalla Commissione di garanzia nel provvedimento del 02.10.2025.
L’astensione collettiva dal lavoro, secondo i principi costituzionali, è uno degli strumenti di tutela dei diritti inviolabili del cittadino quali i diritti di libertà, di partecipazione politica, di opinione e di manifestazione del pensiero. Senza di questa, i lavoratori italiani non avrebbero potuto esercitare tali diritti con la necessaria partecipazione di piazza, quale tempestiva risposta, imposta dalla rapida successione di avvenimenti drammatici.
D’altronde tale esigenza risulta essere stata confermata dall’enorme partecipazione alle manifestazioni che si sono tenute in tutto il territorio nazionale sia il giorno dello sciopero generale, sia il sabato successivo.
Stefano d’Errico
(Segretario Generale CIB Unicobas)