Cib Unicobas

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TEST INVALSI. Il nostro giudizio in merito è chiaro

Si tratta di prove incongruenti in quanto sottopongono a verifica un processo di potenziamento della qualità formativa del sistema scolastico italiano che non è mai stato avviato dal ministero. Al contrario, i test Invalsi sono stati imposti insieme a una serie di misure (tagli di ore, tagli ai finanziamenti, aumento del numero degli alunni per classe, accorpamenti di classi, tagli al sostegno ecc.) che hanno reso sempre più difficile il lavoro degli insegnanti, peggiorando sensibilmente gli standard qualitativi della scuola italiana. In definitiva siamo di fronte all’ennesima operazione di facciata che serve a nascondere la realtà per diffondere un’immagine illusoria di efficienza e rigore amministrativo.
Si tratta di prove didatticamente discutibili, prove standardizzate che poco o niente hanno a che vedere con la specifica programmazione dei docenti, con gli obiettivi che essa si propone, con le metodologie improntate alla stimolo della motivazione, al potenziamento delle capacità di analisi e di ragionamento articolato. I test infatti: – sono uno strumento solo apparentemente oggettivo (se decontestualizzati non possono che rilevare parzialità inficianti); – veicolano una cultura frantumata e nozionistica (contraria a quanto si è andato affermando nella scuola: approfondimento, collaborazione, progettazione, verifiche mirate e articolate); – risultano avulsi rispetto alle progettazioni interne alle varie scuole (il modello uguale per tutto il territorio nazionale non può prevedere percorsi particolari); – le prove INVALSI non si presentano solamente come strumenti esterni di rilevazione degli apprendimenti, ma interferiscono nell’atto didattico-educativo e rappresentano uno strumento che, in vista delle rilevazioni, modifica l’attività didattica e le sue metodologie proponendo una standardizzazione degli insegnamenti e mettendo in secondo piano le capacità di analisi, sintesi ed elaborazione critica degli allievi.
Si tratta di prove discriminatorie poiché escludono gli alunni disabili, che dovrebbero addirittura essere allontanati dalla classe per non “inquinare” lo svolgimento dei test, cosa che non accade nemmeno in sede di esame di stato.
Va tenuto inoltre soprattutto presente la generale finalità di ristrutturazione del sistema scolastico e dell’inquadramento del personale a cui la rilevazione Invalsi è finalizzata.
I quiz ministeriali verranno usati per ristrutturare l’istruzione, cioè per aumentare i finanziamenti non alle scuole in difficoltà ma a quelle che saranno giudicate migliori in base ai quiz, e per valutare i docenti attraverso il rendimento degli studenti, istituendo maggiorazioni stipendiali e progressioni di carriera riservate ad un numero chiuso corrispondente al 25% della categoria.
Non si tratta di timori o di interpretazioni di parte, ma di processi concretamente avviati e in qualche caso già definiti.
Ricordiamo il decreto legislativo 27.10 2009 attuativo della legge 4.3.2009 n.15 (Decreto Brunetta) prevede la suddivisione del personale in 3 fasce sulla base della valutazione individuale delle performances a cui corrisponde una diversa attribuzione stipendiale accessoria: il 25% collocato nella fascia di merito alta; il 50% in quella intermedia; il 25% in quella bassa. Un inquadramento a numero chiuso, che dà già per scontato che i “meritevoli” non possano essere più del 25%. A questo s’aggiunge la L. 104/2013 ed il DEF dell’attuale Governo che, oltre ad un ulteriore rinvio del contratto (scaduto dal 2009), non stanzia fondi per gli scatti d’anzianità, dei quali la Giannini non si stanca di sostenere l’abolizione, in favore del ‘merito’ prodotto dall’incrocio fra le valutazioni discrezionali del dirigente scolastico ed i risultati Invalsi. L’idea è vecchia: costituire in ogni scuola un nucleo di valutazione anche con genitori e soggetti esterni, che lavori in diretto raccordo con l’INVALSI, elaborando un rapporto annuale che, oltre a fornire strumenti per la valutazione delle performances, orienti l’offerta formativa e la programmazione delle attività. La somministrazione delle prove Invalsi venne introdotta nel decreto sulle semplificazioni, che la definì ‘attività ordinaria’. Una definizione oscura non prevista tra gli obblighi del nostro contratto di lavoro, un’illegittima e pericolosa invasione del campo contrattuale, come hanno denunciato sia la CGIL che l’Unicobas e i Cobas. Lo stesso l’art. 51 del decreto semplificazioni, divenuto legge 4/4/2012 n°. 35, recita: “Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’art. 1,comma 5 del decreto-legge 7 settembre 2007, n.147”. La definizione di “attività ordinaria” non è prevista nel nostro contratto di lavoro, che contempla solo attività di insegnamento e attività funzionali all’insegnamento. In sostanza, nel testo del decreto, ora legge, si fa riferimento ad attività ordinarie d’istituto e non ad obblighi individuali dei singoli docenti, che restano disciplinati dagli art.28 e 29 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che ad oggi non ha subito modifiche.Quindi LA SOMMINISTRAZIONE E CORREZIONE DELLE PROVE INVALSI NON E’ OBBLIGATORIA. Imporla è un abuso, un limite gravissimo alla libertà d’insegnamento e alle competenze del Collegio Docenti in materia di programmazione didattica.
Invitiamo perciò tutti i docenti a dichiararsi indisponibili all’effettuazione di tutte le attività connesse allo svolgimento delle prove Invalsi per la rilevazione degli apprendimenti per e ad opporre resistenza a questa inaccettabile schedatura di massa di studenti e docenti. Nelle forme seguenti:
– Dichiarazione di indisponibilità e, in presenza di ordine di servizio, atto di rimostranza contro le disposizioni del dirigente ed eventuale effettuazione delle prove solo dietro reiterazione dello stesso.
OPPURE
– Partecipazione agli scioperi indetti per i vari ordini e gradi di scuola.