Cib Unicobas

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UNICOBAS. 21 GIUGNO, h. 14.00 / 17.00: MANIFESTAZIONE A PIAZZA MONTECITORIO PER LA MODIFICA DEL DECRETO “SOSTEGNI BIS”

Il 21 giugno 2021, alle 14,00, il Sindacato Unicobas Scuola & Università manifesterà, insieme ai Cobas Sardegna, all’Usb ed alla Cub, a Roma, in Piazza Montecitorio, dalle h. 14.00 alle 17.00, davanti alla Camera dei Deputati, per esprimere tutto il proprio dissenso rispetto all’attuale formulazione del famigerato decreto “Sostegni bis” (DECRETO-LEGGE 25 maggio 2021, n. 73): decreto da 40 miliardi che — come sempre da trent’anni — ben poco riserva alla Scuola pubblica di questo sventurato e smemorato Paese.

Per l’istruzione gli investimenti (comunque bassissimi) sono sempre e soltanto per cablaggi, Dad (Ddi) e altri orpelli di questa risma. Nulla per mettere gli edifici (80% fuori norma) in linea con la legge su igiene e sicurezza. Nulla per assumere più personale al di fuori di ridicoli concorsetti inadeguati per eliminare le classi-pollaio in era Covid ristrutturando l’organico con al massimo 15 alunni per classe. E la responsabilità ricade su tutti i partiti, i cui emendamenti non hanno in nulla scalfito la sostanziale indifferenza di tutti i Governi di questo Stato alle sorti reali dell’istituzione Scuola pubblica.

Le risorse servono a prorogare fino a dicembre il “bonus vacanze”; ad aumentare (di 70 milioni) il “bonus Cultura per i diciottenni” (che Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia viva in Commissione Cultura alla Camera, arriva a definire «modello per le politiche culturali a favore dei giovani, copiato in Europa»); a finanziare i nuovi contributi a fondo perduto (che vanno anche ad evasori cronici); a finanziare le indennità INPS per gli stagionali (ma che non risolvono lo sfruttamento selvaggio dei migranti); a finanziare l’esonero del canone RAI per le strutture ricettive, di somministrazione e consumo di bevande, anche dannose (che invece dovrebbero essere tassate); a finanziare le agevolazioni per l’utilizzo dei crediti d’imposta maturati dai titolari di partita IVA; a finanziare bonus per i lavoratori stagionali e del turismo, nonché per quelli del settore sportivo (ma sempre con un occhio di riguardo solo per le grandi imprese). Poi ci sono anche misure accettabili per finanziare: una moratoria sui prestiti; il “bonus per la sanificazione e l’acquisto di DPI” (che scende comunque al 30%); il “bonus prima casa” (ma non per tutti); agevolazioni su IMU E TARI; la proroga del reddito di emergenza; i buoni spesa e misure di sostegno per il pagamento di canoni d’affitto (al 60%) e utenze domestiche.

E per la Scuola?

Di Scuola si parla all’art. 51, comma 3, a proposito di convenzioni tra scuole (sic!) e aziende di trasporto pubblico locale; al comma 7, lettera b), sui contributi destinati al finanziamento, «nei limiti delle risorse disponibili», di iniziative di mobilità «incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing», per gli spostamenti «casa – scuola – casa».

Alla Scuola sono poi dedicati gli articoli da 58 a 60. Ma il mantra per la Scuola è sempre lo stesso: «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Specie quando si affibbiano ai docenti compiti in più, come «l’eventuale integrazione e il rafforzamento degli apprendimenti» dal 1° settembre 2021 (art. 58, comma 1, lettera c).

Per il resto, c’è solo qualche briciola: il “Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022”, prevede lo stanziamento di 350 milioni di euro nel 2021, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi. Si tratta dello 0,87% dei 40 miliardi di fondi del decreto. Alle paritarie, per le medesime finalità, vanno 50 milioni.

Per l’assunzione dei precari, solo 7.684.000 euro in più (art. 59, comma 19). Per «azioni di recupero e inclusione», specie per gli «studenti con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento», si stanziano, per l’anno 2021, appena 50 milioni!

Edilizia scolastica: l’art. 77, comma 4, “incrementa” il Fondo unico per l’edilizia scolastica, ma solo di una cifra risibile: 150 milioni di euro per l’anno 2021. Non male per un Paese in cui da 40 anni non si costruiscono nuove scuole e si lasciano crollare quelle esistenti. D’altro canto il rovescio della medaglia è che lo stesso art. 77, al comma 10, lettera d), stabilisce che «50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025, 2026 e, solo in termini di fabbisogno e indebitamento netto, 10 milioni di euro per l’anno 2027» saranno reperiti «mediante corrispondente riduzione del Fondo unico per l’edilizia scolastica».

Il Ministro dell’Istruzione neanche figura tra i firmatari (mentre c’è la firma del Ministro della Cultura).

La Scuola deve morire. Chi ancora sperava che le cose non stessero così, dovrà riconsiderare seriamente le proprie speranze. Il Paese in cui viviamo non considera la Scuola un’istituzione importante. Anzi, forse non la considera nemmeno più un’Istituzione. Del resto, una plebaglia di ignoranti lobotomizzati da calcio-business e immondizie televisive si governa meglio di un popolo formato da cittadini istruiti e coscienti.

Difatti ci sarà un motivo per il quale in Italia la Commissione Cultura del Senato della Repubblica fino a pochi mesi fa ha affidato la propria presidenza ad un politico dotato di un curriculum scolastico che si ferma alla Terza Media. Ci sarà un motivo per cui un Ministro dell’Istruzione di qualche anno fa aveva solo un diploma triennale di istruzione secondaria superiore che non consentiva l’accesso agli studi universitari. Ci sarà un motivo per cui il Ministero dell’istruzione non rende pubblici i dati sulle malattie professionali degli insegnanti provocate dal burnout, sebbene la normativa imponga interventi a cadenza annuale, mai attuati da nessuna istituzione scolastica. Ci sarà un motivo per cui studenti, scuole e docenti vengono valutati tramite indovinelli in cui la battaglia di Azio diventa quella “di Anzio”. Ci sarà un motivo per cui una legge — definita (orwellianamente) “Buona Scuola” — consente per i docenti di greco il demansionamento a supplenti anche nella Scuola Primaria, e l’invio di insegnanti di educazione motoria in scuole che attendevano docenti di matematica. Ci sarà un motivo per cui abbiamo l’obbligo scolastico più basso d’Europa ma puntiamo al liceo quadriennale, mentre da undici anni abbiamo persino un “Liceo” scientifico senza il latino.

Noi dell’Unicobas Scuola & Università non ci accontentiamo delle solite briciole per la Scuola. Noi non siamo “buoni” verso il potere politico come quei Sindacati “maggiormente rappresentativi” che da trent’anni accondiscendono alle politiche neoliberiste di tutti i Governi, colpevoli della distruzione di Scuola e Sanità pubbliche. Noi siamo “brutti, sporchi e cattivi”, ed osiamo pretendere quanto segue:

1. L’allargamento dell’intervento sulla Scuola che assegni — sui 230 miliardi del “Recovery Fund” — 35 miliardi in più rispetto agli spiccioli stanziati finora (solo per cablare edifici scolastici pericolanti, per la Dad e per il “Piano Scuole Estate”). Anche perché è di estrema urgenza (per motivi didattici oltre che sanitari) almeno dimezzare il numero degli alunni per classe. Agire diversamente significa non avere nessuna reale intenzione di intervenire sui nodi strutturali dell’istruzione pubblica, né sull’emergenza pandemica.

Nello specifico:

– 7 miliardi di euro, necessari per l’immissione in ruolo di tutti i precari (docenti e ATA) a partire da quelli con 3 anni di servizio ed una legge che crei un doppio canale di reclutamento, per tutti i precari, con la riserva del 50% dei posti, ove si assgnino 12 punti per ogni anno di servizio (a partire dal primo maturato), e 12 punti per ogni concorso superato, idoneità o abilitazione acquisita, con l’esclusione per chi ha superato un concorso di dover partecipare ad altri concorsi;

– 13 miliardi di euro per un investimento pluriennale per la riqualificazione, la messa in sicurezza e l’ampliamento degli edifici scolastici;

– 200 milioni per sanare la truffa perpetrata ai danni degli Ata ex Enti Locali;

– 7 miliardi di euro per un per un rinnovo contrattuale che preveda un congruo aumento degli stipendi per i lavoratori della scuola (i peggio pagati in Europa), più il necessario per un immediato riconoscimento economico relativo al maggiore impegno di docenti ed ATA svolto durante l’epidemia Covid.

2. Una legge che tratti i docenti da professionisti anziché da “missionari” o da servitori zelanti (e belanti): ossia che li faccia tornare alla perduta dignità (dall’attuale servilismo), che li retribuisca da professionisti, e che sia ispirata all’ascolto dei docenti stessi (cosa che caratterizza i Paesi trainanti della Ue, con eccezione dell’Italia), tramite l’istituzione del Consiglio Superiore della Docenza elettivo dentro il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (non ancora rieletto dal 2015), nonché di un contratto specifico per la scuola (docenti ed ata) fuori dal campo impiegatizio. Una legge che inverta totalmente la rotta rispetto all’attuale tendenza ad aziendalizzare la Scuola pubblica: gli insegnanti non devono essere trattati né considerati alla stregua di impiegati esecutivi che devono eseguire una fantomatica “pedagogia di Stato” (inequivocabilmente esclusa dall’articolo 33 della Costituzione). È necessario e urgente far uscire i docenti e gli ata (che hanno compiti determinanti, anche di coadiuzione educativa) dall’ambito di applicazione del D.Lgs. 29/1993, che ci relegò nel Pubblico Impiego privatizzando il nostro rapporto di lavoro (mentre i docenti universitari, giustamente, sono oggi ancora “pubblici dipendenti”, ma non “pubblici impiegati”).

3. Una nuova legge sulla rappresentanza sindacale, che valuti il tasso di rappresentatività tramite i voti raccolti con il rinnovo del Cspi (che va calendarizzato), eletto a suffragio universale su liste nazionali, e che restituisca ai sindacati di base il diritto di assemblea in orario di servizio, sottratto con le elezioni Rsu, che impongono di poter votare solo per le liste presenti nel singolo istituto, impedendo ai sindacati di base di poter entrare nelle scuole tramite le assemblee per cercare chi si candida e per presentare il proprio programma.

Basta con le chiacchiere, le briciole e i contentini. La Scuola si salva smascherando chi la vuole morta.

Roma, 15 giugno 2021

Alvaro Belardinelli

p. l’Esecutivo Nazionale dell’Unicobas Scuola & Università